Nei tempi moderni (dal XX° secolo) la pratica dello Shaolin Wushu Kung fu, lo stile di Kung fu perfezionato nei secoli dai monaci buddisti all’interno delle mura del monastero di Shaolin, si è scissa dalla pratica buddista monastica. Pur mantenendo un legame per certi versi inscindibile con il buddismo soprattutto per quanto concerne la via della comprensione del Qi (soffio vitale) connessa a profonde pratiche di natura introspettiva proprie della via monacale (le pratiche più importanti quali Yi Jin Jing e Yi Xui Jing sono attribuite al mistico Bodhidharma vissuto nel secolo 500 D. C. fondatore del ramo Zen del buddismo) la figura del maestro di arti marziali Shaolin, dal secolo scorso, non è più sovrapposta alla figura del monaco buddista praticante.
Il monaco buddista Shaolin, nel momento in cui prende i voti e riceve un nome buddista e una generazione di discendenza da Bodhidharma (considerato il primo monaco Shaolin appartenente alla prima generazione dei monaci), ha una serie importante di restrizioni da rispettare nella vita tra cui il voto di celibato, castità, povertà e dimora presso monasteri.
L’ascesa ad un percorso di questa entità rispecchia una vita di fede e si compone di vari livelli di conseguimento come per tutti gli ordini religiosi.
Se il monaco buddista ha praticato arti marziali Shaolin, può ottenere il titolo di monaco guerriero buddista di Shaolin come nel caso del gran maestro Shi De Li, ma ai giorni d’oggi le figure che sviluppano realmente i requisiti di entrambe le vie sono rarissime.
Quando il praticante di Shaolin Wushu Kung fu consegue la maestria nell’arte marziale e nel caso il suo maestro lo ritenesse meritevole, può conseguire il titolo da monaco guerriero civile di Shaolin, cioè monaco laico. Non soggetto alle restrizioni di vita di un monaco buddista, il monaco civile, ad oggi, ha acquistato la valenza di titolo onorifico che viene attribuito dal monastero di Shaolin a praticanti di arti marziali particolarmente dotati su presentazione del loro maestro al consiglio dei monaci, purché anch’esso sia un monaco civile. Il titolo diviene il coronamento di un percorso che porta il praticante a diventare maestro di arti marziali Shaolin.
Il gran maestro Wang Zhi Qiang è un monaco civile di Shaolin con il nome buddista di Shi De Zhi, come anche suo fratello, il maestro Wang Wei Qiang (Shi De Wei). Entrambi appartengono alla trentunesima generazione dei monaci Shaolin. Come tradizione richiede Wang Zhi Qiang, avendo ufficialmente scelto Pietro Biasucci come suo discendente e avendolo ritenuto meritevole, ha presentato il maestro italiano al monastero di Shaolin nel 2008 chiedendone la nomina a monaco civile di Shaolin.
Il consiglio dei monaci del monastero ha accettato e Pietro Biasucci accompagnato da Wang Wei Qiang, dopo una cerimonia tenuta all’alba all’interno della sala dei Voti presso il monastero di Shaolin, è stato nominato monaco laico della trentaquattresima generazione con il nome buddista di Shi Yan Deng. Mantenendo il più possibile una fedele aderenza alla tradizione tramite la quale questa tipologia di rituali acquisiscono significato, è Wang Zhi Qiang a scegliere il nome da monaco per Pietro Biasucci in accordo con il fratello Wei Qiang. E’ infatti il maestro, secondo tradizione, che sceglie il nome per il suo discepolo. Shi Yan Deng è un nome scelto accuratamente e che esprime più significati.
La regola dei nomi buddisti Shaolin è la seguente: la prima parte del nome Shi rappresenta l’appartenenza buddista dei monaci, la seconda parte del nome, Yan (in questo caso cioè trentaquattresima), indica la generazione di appartenenza da Bodhidharma e la terza parte del nome, Deng, in questo caso caratterizza l’individualità della persona.
Scelto da Wang Zhi Qiang, il termine Deng significa Dengfeng. Deng è inteso come il diminutivo di Dengfeng, la città dove si trova l’accademia Song Yang Shaolin Wushu fondata da Wang Zhi Qiang e diretta da Wang Wei Qiang. Il primo significato del nome Deng è: “colui che è stato tanto tempo a Dengfeng”; testuali parole di Wang Zhi Qiang. Il nome indica il lungo periodo di tempo che Biasucci ha trascorso a Dengfeng per apprendere le arti marziali Shaolin; tempo di permanenza che per un occidentale è considerato fuori dal comune.
Il secondo significato del nome Deng è “tendere a salire”. Si utilizza per indicare il pendio di una montagna. Attraverso questo secondo senso Wang Zhi Qiang ha voluto descrivere l’atteggiamento di Biasucci nei confronti delle arti marziali Shaolin: “colui che tende ad andare verso l’alto, colui che tende ad ascendere per migliorarsi”. In questo modo il maestro Wang identifica la caratteristica di perseveranza per il raggiungimento di un traguardo nobile ma anche la solidità della montagna che ricorda l’atteggiamento volitivo del suo allievo italiano.
Tradizionalmente il discepolo acquisisce la generazione successiva al suo maestro. Negli ultimi anni questo non è più possibile perché il monastero di Shaolin ha fissato una generazione di riferimento attribuita a tutti i nuovi monaci, civili e non: la trentaquattresima (Yan).
Wang Wei Qiang ha voluto donare a Pietro Biasucci una serie classica di quattro dipinti cinesi che rappresentano le quattro stagioni, il trascorrere del tempo, e sottolineano ancora la lunga permanenza di Biasucci a Dengfeng.
In uno dei quattro dipinti è scritto il nome da monaco di Biasucci non nella forma di Shi Yan Deng bensì nella forma Shi Xing Deng.
Xing indica la trentaduesima generazione, la successiva a quella a cui appartiene Wang Zhi Qiang (Shi De Zhi trentunesima generazione).
In questo modo il maestro ha sancito un nome ufficiale per il suo allievo (Shi Yan Deng) secondo le direttive attuali del monastero di Shaolin e un nome ufficioso (Shi Xing Deng) secondo la tradizione.
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